Il caso Barilla e la campagna “italiani coglioni”

barilla gay

Calma, mi dico.

Aspetta, mi dico.

Vorrai mica parlare anche tu del caso Barilla o della campagna #coglioni, mi dico.

Conta fino a dieci.

Su, è facile.

Uno, due, treee… uff, ugh, mmm, no, non ce la faccio.

Tanto sarò rapido. Come sempre.

Barilla: uno dei pochi imprenditori della storia d’Italia che riesce a esportare l’eccellenza italiana nel mondo; la stessa persona che non mi fa vergognare quando dall’estero mi chiedono “cosa abbiamo fatto di rilevante negli ultimi vent’anni”; ecco, uno così me lo tengo tutta la vita.

Anche se è razzista, omofobo, sessista e mette le dita nel naso.

Non perché non siano cose disdicevoli – specialmente l’ultima – ma perché i suoi difetti sono i difetti di un popolo, non certo delle stravaganze personali.

Fine.

Campagna #coglioni: bella campagna virale di un’agenzia di comunicazione che promuove così le sue capacità comunicative.

E ad ogni like, ad ogni risata compiaciuta, ad ogni condivisione, noi ci diciamo: sono proprio un coglione, ecco perché non posso farci niente.

Senti la sensazione di relax? Non ti viene di stenderti con le mani dietro la testa? Bravo, è così che si fa.

Invece di: davvero sono stato così coglione fino ad ora? È il momento di riscattarmi.

E puoi farlo in mille modi: andando via dall’Italia, non votando Berlusconi, trovando una soluzione alla tua vita, creando opportunità per te e i tuoi amici o, nella peggiore ipotesi, pagando semplicemente le tasse.

Se non lo hai fatto fino ad ora vuol dire che hai accettato questi problemi perché, probabilmente, hai avuto in cambio altri vantaggi.

E dunque: altro che coglione, sei davvero un furbetto.

Ecco, scusate.

Oggi mi girava un po’ così.

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17 Comments on "Il caso Barilla e la campagna “italiani coglioni”"

  1. Furio says:

    Un altro bel post. Controcorrente ma con cognizione di causa. Per quel che conta, sono d’accordo con quasi tutto quello che hai scritto.

    Resta il fatto che se sei un personaggio pubblico e dici una #cazzata ti esponi a campagne mediatiche più grandi di te. Pensare prima di parlare – mi riferisco a Barilla, non a te, – non fa mai male. It’s up to you. and me. and she : P

    Ciau!

    • admin says:

      Con piacere Furio!
      Un’ultima riga su Barilla: se il 90% (80%, 70%, quello che è purché sia maggiore del 50%) dei tuoi clienti è la famiglia tradizionale, l’affermazione “no famiglie gay nella nostra pubblicità” è la cosa più ovvia se vuoi vendere.
      Quando dice “Perché a noi piace la famiglia tradizionale” non è certo l’uomo a parlare, ma il brand Barilla. Se l’ha detto, avrà dei numeri da qualche parte che sostengono la sua tesi.

  2. J. Babuzz says:

    Mah… mettendo da parte l’intollerabile omofobia (perche’ per migliorare questo postaccio oltre a smettere di votare silvio sarebbe il caso di semttere di tollerare discriminazioni di qualsiasi tipo)

    Se sei veramente un bravo imprenditore, che senso ha schierarsi apertamente contro le coppie gay? Fossero anche il 10% dei clienti, perche’ devi perderli offendendoli?
    Evidentemente non sei quel gran genio… anzi sei proprio idiota!
    Perche’ ti bastava giocartela semplicemente con un “perche’ non facciamo uno spot con una famiglia gay?
    Ma sa che in realta’ non ci ho mai pensato/non occupandomene direttamente non mi ero mai posto il problema, sono distratto/mah… non e’ capitato”.

    Non conosco la storia della barilla ma ho l’impressione che se esporta nel mondo il merito non e’ del signorotto omofobo… magari qualcuno prima di lui…

    • admin says:

      Sarà, comunque lui ha detto che non avrebbe mai fatto una pubblicità con una famiglia gay, che è la dichiarazione di un brand che deve curare gli interessi dei suoi clienti.
      Non mi pare di aver visto coppie gay in altre pubblicità e probabilmente in nessuna trasmissione televisiva.
      Ma non ho la tv da anni, potrei sbagliarmi :)

      • J. Babuzz says:

        cioe’ gli interessi dei clienti barilla sono “non vedere gay negli spot”?
        pensavo fossero “mangiare pasta di buona qualita’”

        ps. ikea e indoona hanno realizzato spot con coppie gay… pensi che ikea abbia arrecato danno alla sua clientela?

  3. Mario says:

    E’ sbagliato non pagare le tasse. Ma è giusto lavorare più di metà giornata per uno statob che poi non ti rende gli sforzi che hai fatto?
    E’ sbagliato votare un “poco di buono”. Ma è giusto votare qualcuno che manco conosciamo pur di non dare il voto al “poco di buono”?
    E’ davvero un gran pasticcio…

    Il rispetto del lavoro è qualcosa di neutro, non è di destra nè di sinistra.
    Il rispetto delle persone è neutro, non è di destra nè di sinistra.
    Manca tutto questo e mancherà sempre più…

  4. admin says:

    Buoni punti, Mario.
    No, non credo che pagare tasse così alte sia giusto, anzi per la verità non mi interessa che sia giusto, so che se supera il limite della mia sopportazione me ne vado o smetto di lavorare (e prima o poi scriverò un post in proposito!).
    È “giusto” – anche se giusto non mi piace – votare uno che non conosciamo? Sì, lo è, altrimenti questa “avversione al nuovo” ci farebbe sprofondare in un Paese incapace di cambiare qualunque cosa… ah, ecco, forse siamo proprio fatti così.
    Sono d’accordo sulla neutralità, come non vedo un’offesa alle persone nel caso Barilla, ma solo tanto bigottismo.

    • Mario says:

      Hai ragione sul “nuovo”. Ma anche però che il mio voto “nuovo” dovrebbe andare a chi davvero vuole esserlo, proporre idee nuove, approcci nuovi, nuova mentalità. Insomma qualcuno di non riciclato (che quindi vive ancora nella convinzione che in realtà le cose siano meno gravi di quanto si possa imamginare) e che mi faccia sentire fiero della mia voglia di cambiamento. Poi ogni essere umano può sbagliare ma nel contempo conscio di avere fatto il possibile per cambiare (realmente) le cose.
      Concetti veri. Progetti veri. Idee vere. Condite con un pizzico di politica, perchè quella (d’altronde) fa parte dei giochi.

      Concordo pienamente con te sul caso Barilla. Tante chiacchiere su una questione marginale rispetto ai problemi del sistema. E tanto bigottismo.

      P.S. aspetto il post che hai accennato ;-)

  5. marina says:

    oltre a Like si può anche condividere su Fb in modo automatico? o faccio li vecchio copia incolla?

  6. yodl says:

    La critica che insiste sul malcostume e che tace sugli abusi di un sistema economico di cui il sig. Barilla non è che un esempio, è semplicemente superflua. La dicotomia fra il pagare/non pagare le tasse, fra il votare/non votare Berlusconi, senza considerare i criteri che determinano le condizioni di vita, le possibilità di accesso (culturale, sociale, economico), le opportunità di crescita delle persone (un tempo avremmo detto delle classi), è ideologia tipica di quella grande e spiacevole invenzione che chiamiamo ceto medio (mediocre?). Effettivamente che Barilla esprima un’opinione – o meglio una chiara comunicazione di marketing – sugli omosessuali poco conta. Ma perché rappresentare come eroe nazionale che “esporta l’eccellenza italiana nel mondo” un personaggio che altro non è che parte attiva di quel gioco dilaniante che è il sistema di mercato?
    Temo che il post sia tutt’altro che in controcorrente, anzi. Semmai è perfettamente in linea con ciò che vuole criticare, e cioè l’accettazione delle regole del gioco, siano esse quelle formali e legali del mercato, o quelle informali (disdicevoli, laide e compagnia bella) del popolo italiano, truffaldino e apatico. Nell’uno e nell’altro caso si accettano le categorie di fondo, creando una falsa contraddizione fra l’imprenditore di successo e il corrotto. Entrambi partecipano a questo sistema economico, che resta comunque diseguale. Il popolo, se onorasse davvero la sua “pesante” definizione, tratterebbe Barilla e Berlusconi allo stesso modo, come due artefici di una truffa. Ma il popolo è perlopiù popolino e ceto medio, intento a glorificare i suoi stessi carnefici.

    • admin says:

      Ciao! Perdonami ma sono male informato, di quale abusi stai parlando a proposito della Barilla?

      • yodl says:

        Specifico: gli abusi non sono della Barilla in particolare, ma del sistema economico. Tradizionalmente la famiglia Barilla è sinonimo di onestà, professionalità e solidarietà sociale. Ritengo, tuttavia, che questa sia una narrazione mitica, così come lo è il disappunto borghese – di questa nuova borghesia “tollerante” e radical chic – di fronte ad una frase che si presume omofoba. In altre parole siamo di fronte a discorsi morali, che però non colgono il punto, a mio avviso: anzichè inorridire di fronte alle frasi di Barilla o, ancor più, celebrarne i successi e identificarsi in essi, forse sarebbe più utile ragionare sui presupposti di un sistema economico e, parallelamente, di un sistema culturale, che esaltano la ricchezza “onesta” (sulla base di quali valori è onesta?) e che “demonizzano” la corruzione, pur tollerandola nella pratica. Io mi vergogno più dell’esistenza del ricco imprenditore contrapposto alle masse di poveri (negli ultimi anni crescenti) che di fronte alle frasi di Barilla. Ma non per questo Barilla diventa un mito o un sinonimo di onestà ed eccellenza.

        • admin says:

          Caro Yodl, capisco quindi che sei contro “il sistema” e Barilla è solo uno dei rappresentanti. Quindi il problema non è il fatto in sé (anche perché come dici tu abusi non ce ne sono stati) ma in generale come funziona questo sistema economico e culturale.
          Quindi mi concentro sul cuore del problema: tu stai facendo qualcosa per risolvere il problema? Mi sta bene anche sentirti dire che sei andato via e, dunque, non fai parte del sistema che stai criticando.
          Dammi una coerenza logica tra quello che fai e quello che dici, e allora sarò molto più portato ad ascoltarti.

  7. yodl says:

    Caro Luca, presumo tu possa ascoltarmi pur non conoscendo la mia storia di vita (poi se scegli di farlo o meno dipende dalla tua Weltanshauung prima di tutto). Il pragmatismo a cui mi riconduci, la coerenza della prassi (il legame fra idee e azioni) sono condivisibili. Tuttavia, mi interessa cogliere qual è il presupposto dietro tale coerenza. Dalle tue parole mi sembra che emerge comunque una visione individualista: ciascuno, nella singolarità della sua esperienza, può e deve fare qualcosa per cambiare le cose. Magari te ne vai dall’Italia, o magari resti ed esprimi un voto, oppure paghi le tasse, eccetera eccetera. La collettività in questo caso è massa, cioè un insieme di singoli semplicemente giustapposti e non un gruppo che condivide obiettivi, spirito, valori e interessi. Per me l’azione del singolo serve solo alla vita del singolo. E’ l’azione collettiva che invece genera cambiamento sociale. Per questo a me la visione uniformante e metafisica dell’italiano coglione sta semplicemente sulle palle. E’ la stessa logica borghese che omologa gli uomini (tutti individui singoli ma allo stesso tempo tutti uguali, tutti con le stesse caratteristiche morali), differenziandoli solo in termini economici. La realtà, per fortuna, è più complessa. Ci sono movimenti sociali con grandi limiti, ma che non sono semplicemente riconducibili all’italiano coglione, né all’imprenditore Barilla. Che presentano una certa coerenza fra idee e pratiche (politiche ed esistenziali); che soprattutto sono collettività e non singolo più o meno onesto.

    Una piccola postilla: non so se Barilla ha commesso, formalmente, azioni deprecabili. Ma la generica accezione “essere contro il sistema” (troppo grillina per piacermi) non significa che Barilla sia una pagliuzza fra le tante. E’ in alto nella gerarchia del sistema economico, dunque è più influente nel determinare il sistema stesso.

  8. adele says:

    ciao Luca, arrivo per vie traverse a questo post e vedo che tutti, a suo tempo, hanno commentato la parte relativa al caso Barilla. Ma la campagna #coglioni non era nata come risposta ironica alla campagna Enel #guerrieri? Una campagna fake che si è rivelata anche un’ottima strategia viral, sfruttando la più blasonata campagna che stava prendendo in giro. Il risultato? la gente ha risposto, ma soprattutto ha “pensato”. Anche Enel nel suo mea culpa se lo è addirittura rivendicato. Mi meraviglio che tu non abbia citato questo passaggio. Ciao :-)